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Patrizia
Poli presenta
Giovanni
Pascoli a Livorno |

Giovanni
Pascoli
Note
autografe di autocommento
nella 2° edizione di Myricae, Livorno,
Giusti, 1892.
Le note si riferiscono
alla Domenica dell’Ulivo e a Notte
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"Penso a Livorno,
a un vecchio cimitero di vecchi morti;
ove a dormir con essi
niuno più scende; sempre chiuso;
nero d'alti cipressi.
Tra i loro tronchi che mai niuno vede,
di là dell'erto muro e delle porte
ch'hanno obliato i cardini, si crede
morta la Morte, anch'essa.
Eppure, in un bel dì d'Aprile,
sopra quel nero vidi, roseo, fresco,
vivo, dal muro sporgere
un sottile ramo di pesco.
Figlio d'ignoto nocciolo, d'allora
sei tu cresciuto tra gli ignoti morti?
Ed ora invidi i mandorli
che indora l'alba negli orti?
Od i cipressi, gracile e selvaggio,
dimenticati, col tuo riso allieti,
tu trovatello
in un eremitaggio d'anacoreti?" |
Dedica
a Mariù del Diario autunnale,
otto poesie composte insieme
con la sorella fra il novembre
e il dicembre 1907
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Giunge
improvvisa, nel 1887, a Giovanni Pascoli (1855 - 1912)
la notizia che il ministero lo ha trasferito da Massa
a Livorno, dove ha ottenuto un incarico presso il
liceo Niccolini Guerrazzi. Sgomento, si confida col
Carducci che lo esorta comunque ad andare verso il
cambiamento. Sappiamo tutto del trasferimento grazie
agli scritti della sorella Maria, "Lungo la vita
di Giovanni Pascoli".
Dopo l'uccisione del padre e gli altri tragici lutti
familiari, Giovannino ha preso con sé Ida e
Maria, le due sorelle, e con loro si trasferisce nella
nostra città. Il 31 ottobre parte in treno,
le sorelle lo raggiungono su un barroccio carico di
mobili, con la gabbia dell'uccellino Ciribì.
La gattina di famiglia sfugge dal canestro e non si
fa trovare. Sarà un bravo vicino a riconsegnarla
la settimana successiva.
Dal luminoso alloggio campestre di Massa si ritrovano
catapultati al quarto piano di uno squallido appartamento
in via Micali. Giovanni comincia a insegnare al liceo,
dà anche molte lezioni private ma i soldi non
bastano mai, fra cambiali da pagare, mobili da acquistare
e libri indispensabili per l'insegnamento e gli studi.
La famiglia vive in grandi ristrettezze, Giovanni
non si integra subito sul luogo di lavoro e si sente
poco stimato dai colleghi. Continua ad aspirare, come
tutti gli insegnati livornesi, a un posto in Accademia,
ma intanto accetta anche un incarico in un collegio
di Ardenza. Ha solo una mezz'ora d'intervallo nella
quale corre a casa per mangiare un boccone ma finisce,
come ci racconta Maria, per addentare pane e salame
in carrozza. Prende anche in casa uno studente che
prepara senza successo per gli esami.
Il tempo libero è poco, con due sorelle a carico
c'è da pensare solo a sbarcare il lunario.
Nonostante ciò, è qui che prende corpo
parte della raccolta Myricae, poi pubblicata dall'editore
Raffaello Giusti, è qui che si delinea al poetica
pascoliana, antiretorica, aderente alle cose.
Ed è in questo periodo che Giovanni s'innamora
di Lia, una giovane cantante figlia di un musicista
che abita davanti al liceo. In una poesia ce la descrive
con le vesti troppo corte per l'età.
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"Lia
giovinetta, ardisci dunque, parla;
di': " Cara madre, corta è piú
la gonna
che non convenga; or pensa ad allungarla.
Fiere pupille seguono moleste
i passi miei di giovinetta donna;
ond'io vorrei piú schermo della veste
".
Troppo io so bene quale a me talora
da te derivi immemore malia,
che gli occhi avvallo, e il volto trascolora;
di che tu avvampi, o giovinetta Lia!"
Vicissitudini
familiari, la possibilità poi evitata
che la sorella Ida sposi un giovane non gradito,
gli fanno volgere le spalle all'amore per concentrarsi
sui doveri di famiglia.
Anche se gravata da pensieri economici, la vita
dei fratelli è serena. Frequenta casa
il poeta Giovanni
Marradi; Pietro
Mascagni musica la lirica "Sera d'ottobre".
"Lungo
la strada vedi sulla siepe
Ridere a mazzi le vermiglie bacche:
nei campi arati tornano al presepe
tarde le vacche.
Vien per la strada un povero che il lento
Passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intuona una fanciulla al vento:
fiore di spina!"
Sono
frequenti le incursioni alla fiaschetteria in
via Maggi, insieme a Carducci, o le passeggiate
fino a piazza Cavour per acquistare dolci che
allietano le serate. La casa si riempie di uccellini
ma il preferito resta sempre Ciribì.
Quando i problemi economici un poco si acquetano,
si trasferiscono tutti in una villetta con giardino,
sempre in via Micali. Giovanni vince il Veianus,
un concorso olandese di poesia latina, ma è
costretto a impegnarsi la medaglia per risolvere
il problema di una certa cambiale e le sorelle
finiscono per mettersi nelle mani di un usuraio.
Il soggiorno labronico termina nel 1895 con
una nomina in altra città. Livorno, che
lo aveva accolto con freddezza, gli tributa
stima e onori, richiamandolo nel 1911 per fargli
tenere un discorso all'Accademia in occasione
del cinquantenario dell'unità d'Italia.
Il legame con la città resta e se ne
sentono gli influssi in numerose poesie, fra
le quali Il conte Ugolino.
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Un quaderno con abbozzi ed elenchi
di poesie composte e da comporre.

Note di autocommento nella seconda edizione
di Myricae (Livorno, Giusti, 1892)
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"Ero
all'Ardenza, sopra la rotonda
dei bagni, e so che lunga ora guardai
un correre, nell'acqua, onda su onda,
di lampi d'oro. E alcuno parlò: "Sai?"
(era il Mare, in un suo grave anelare)
"io vado sempre e non avanzo mai".
E io: "Vecchione," (ma l'eterno Mare
succhiò lo scoglio e scivolò via,
forse
piangendo) "e l'uomo avanza, sì;
ti pare?"
E l'occhio, vago qua e là mi corse
alla Meloria..."
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