Luciano Tarabella,
con questo suo sonetto dedicato a Cutolo,
ci riporta indietro di diversi decenni, ricordando una persona, per tanti livornesi, ancora oggi indimenticabile.



Massimo "Cutolo". Il Cutolo di "casa nostra", uomo molto diverso da quello di "cosa nostra"; né mafioso e neanche il calciatore di oggi.
Si incazzava (scusate il termine ma altro più appropriato non c'è) davvero tanto quando i ragazzini di trent'anni fa - ormai - lo irridevano dietro al grido di sfottò "Cutolo... Cutolo" solo per farlo imbestialire e per poi scappare via, prima che questi li acchiappasse o gli tirasse dietro qualcosa: qualsiasi cosa, dalla bottiglia di vino che poteva avere in mano già nelle prime ore del mattino, al primo sasso utile, raccolto per terra. Non era un tipo cattivo ma sicuramente per la sua stazza, la sua espressione burbera, i suoi modi di fare, per i racconti della gente che ne facevano un poco raccomandabile, per le sue sclerate pubbliche, quasi tutti preferivano starsene alla larga e magari attraversare la strada quando si ritrovavano a rischio di incrociarlo.

Voglio raccontare un aneddoto che spiega poi anche il perché della foto a sinistra che ritrae un... pollaio.
Un giorno d'estate mi trovavo presso la Rotonda di Ardenza. Facevo servizio d'ordine e vigilanza alla Festa dell'Unità. Tra i compiti che avevamo c'era quello - un po' ingrato - di sorvegliare Cutolo affinché non smattasse coi visitatori. E tutte le sere, l'immancabile Cutolo non si faceva attendere, sempre alla ricerca com'era non di elemosina ma di un bicchierozzo di vino o di una birra fresca... puntualmente arrivava prima che la festa avesse inizio.
Quella sera ero io di turno e, per renderlo più mansueto possibile, gli andai ad offrire un birrozzo. Ci sedemmo su una panca al tavolino e lui iniziò con la sua filosofia:
"Anche te sei un fascista!" - esordì.
E io: - "Massimo, ma che dici... qui siamo tutti compagni".
"Te lo dico io perché sei un fascista! Cosa sono per te le galline in un pollaio?" "Massimo... non lo so. Sono.. galline in un pollaio".
A quel punto lui si alzò, mi dette un grande schiaffone che mi lasciò più stupito che dolorante.
"Sono come gli ebrei in un campo di concentramento! Fascista!!!"
Poi, finendo di bere d'un fiato la birra, se ne andò. Ed io... dietro.
Fabio Marcaccini

Cutolo (1989)

Zoppo, allezzito, secco, allampanato,
briào fisso, pazzo che traballa
Cutolo va, o meglio, resta a galla
in cima ar fiasco che s'è già scolato.

Sembra un monatto, invece è un appestato;
vecchi brugins, una maglietta gialla,
cuffia all'orecchi, radio sulla spalla
ragiona come fusse un avvòato.

Ce l'ha cor mondo; sulla stessa incudine
batte l'offese a còrpi di martello:
" vàttela a piglianculo...boia deh!!! "

Sembra il ritratto della solitudine
che canta uno sbracato ritornello
sonando una 'hitarra che nun c'è.

Forse il soprannome CUTOLO gli derivò da un'iperbole al contrario, tanto cara allo spirito labronico: siccome era considerato un personaggio "povero di spirito" (a parte quello che beveva) ecco che gli venne appioppato il cognome di uno dei professori più colti ed intelligenti della tv di allora!!! Invece era soltanto un emarginato. (Luciano Tarabella)

 
 

IL QUINTOMORO
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