14 marzo 1653
La Battaglia di Livorno
a cura di Massimo Ghelardi
 
La crisi diplomatica e militare si trascinava, ormai, sin dagli ultimi mesi del 1652.
Il Granduca e la Toscana, pur neutrali nella guerra che opponeva Inghilterra ed Olanda su tutti i mari del globo, si erano trovati stretti nella morsa di una violenta contesa fra le due potenze, che aveva Livorno come epicentro.
Risaliva all'agosto 1651 la promulgazione da parte di Cromwell dell' "Atto di navigazione". Atto con cui il Lord protettore inglese disponeva che il trasporto delle merci provenienti dalle colonie inglesi fosse consentito solo mediante naviglio britannico e che qualsiasi merce diretta verso i porti inglesi dovesse essere trasportata da mercantili inglesi o da naviglio che appartenesse al paese di produzione delle merci.
Ogni nave, che si fosse sottratta all'editto, sarebbe stata affondata o depredata dalla marina militare inglese.
Era un attacco alla marineria olandese, che utilizzava la sua flotta commerciale proprio nel trasporto di merci di provenienza straniera e le cui navi, da quel momento, potevano essere attaccate e derubate del carico.
Una potenza navale come l'Olanda non poteva certo accettare il diktat di Cromwell e la guerra divampò furiosa su tutti i mari.
Tra il 1652 ed i primi mesi del 1653, Livorno venne investita direttamente, se non dal conflitto, certo da alcune sue conseguenze.
Proviamo a seguire da vicino gli avvenimenti, come se a guidarci tra battaglie e agguati fosse un giovane marinaio inglese: Tommy.

Lord Oliver Cromwell
"Potevo ritenermi fortunato: ero salpato a quindici anni, per il mio primo imbarco, sulla più bella nave della marina da guerra d'Inghilterra. La fregata Phoenix, con le sue linee eleganti e veloci ed i suoi trenta cannoni era uno dei legni più temibili che solcassero i mari.
Arrembaggi e battaglie ne avevo già vissute durante quest' anno di grazia 1652, ma nessuna era stata così terribile come quell'ultimo, fatale scontro dinanzi all'Isola di Montecristo. Quella notte tranquilla d'inizio settembre, sembrava non far presagire nulla di quanto sarebbe avvenuto alle prime luci dell'alba successiva. Quand'ecco che alcune nostre vedette segnalarono la presenza di navi olandesi. L'ammiraglio impartì gli ordini per disporre le navi alla battaglia, ma gli olandesi già durante la notte avevano manovrato per trovarsi in posizione migliore al sorgere del sole.
La luce del giorno era ancora incerta quando il cielo ed il mare furono illuminati dalle fiammate dei cannoni.
Aprimmo il fuoco ed i cannoni di babordo spararono simultaneamente. La fregata fu avvolta in una nube di fiamme e di fumo.
Navi, vascelli e piccole galere incrociavano palle di cannone e fuoco di mitraglia che spazzava i ponti e mutilava uomini e manovre.
Non riuscivo a capire se stessimo vincendo, scivolavo sul ponte ingombro di corpi, di sartie e di pezzi di alberi abbattuti.
Infine fu chiaro: gli olandesi avevano il sopravvento. La Phoenix, la mia fregata, circondata ed abbordata fu catturata."
Il nostro giovane testimone ci ha descritto la battaglia di Montecristo. La Phoenix fu la preda e il trofeo più importante strappato dalla marina olandese a quella inglese.
A seguito della battaglia si aprì quella crisi diplomatica di cui parlavamo all'inizio del racconto. La fregata inglese era ancora in grado di galleggiare, ma aveva necessità di riparazioni urgenti e gli olandesi pensarono bene di rifugiarsi nel porto di Livorno. Immaginiamoci l'irritazione del Granduca: Livorno, porto neutrale, non poteva rifiutare assistenza a navi olandesi in difficoltà, così come non avrebbe potuto rifiutarla a naviglio inglese. Ma la presenza in porto di una nave inglese preda di guerra, era ben altra cosa e certamente molto imbarazzante per il governo toscano. Si aprì, così, un lungo contenzioso che vide alternarsi ambasciatori inglesi ed olandesi, ciascuno dei quali recriminava o rassicurava. Intanto, i pochi marinai e ufficiali inglesi sopravvissuti alla battaglia di Montecristo, avevano ogni giorno sotto gli occhi lo spettacolo della loro fregata che riprendeva vigore e splendore con il lavoro dei maestri d'ascia livornesi.

La Battaglia di Scheveningen del 10 agosto 1653, dipinta nel 1654 circa da Jan Abrahamsz Beerstraaten, illustra la battaglia finale della prima guerra sull'Atto di Navigazione.
Rabbia e voglia di rivalsa cresceva nei loro cuori e prendeva forma un piano ardito per riconquistare la nave.
Giunse, infine, il 30 novembre del 1652. Continuiamo a seguire le vicende della Phoenix attraverso le parole di Tommy.


Nooms, La Battaglia di Livorno


Johannes Lingelbach, La Battaglia di Livorno

"Qualche tempo fa avevamo visto la nostra fregata lasciare il porto. Ci aveva assalito la disperazione, ormai non avremmo più potuto tentare nulla per sottrarla agli olandesi. Ma ecco che dopo qualche giorno la Phoenix fece nuovamente la sua ricomparsa in porto. Aveva catturato una piccola nave mercantile e voleva venderne il carico a Livorno prima di riprendere il mare. Eravamo a ridosso del giorno 30 novembre, data in cui gli olandesi festeggiano il patrono Sant'Andrea e l'ammiraglio Tromp, prima di lasciare definitivamente Livorno, voleva festeggiare il Santo con un banchetto a bordo.
Era la nostra ultima occasione per riprenderci la nave. Gli ufficiali fecero girare segretamente un messaggio tra i pochi marinai inglesi dispersi tra bettole e vicoli. Quel giorno nessuno doveva ubriacarsi e quella notte tutti avrebbero dovuto trovarsi presso due scialuppe ormeggiate nella parte più oscura del porto. Venne il buio e dalla Phoenix arrivavano le note dell'orchestra e le voci degli invitati.
Due ufficiali ci divisero nelle scialuppe, i remi non facevano il minimo rumore immergendosi nell'acqua nera.
Fummo ben presto sottobordo alla fregata. Riuscimmo velocemente a salire ed a neutralizzare la guardia olandese e prendemmo il controllo della nave tra le urla impaurite degli ospiti, mentre gli olandesi, compreso l'ammiraglio Tromp, si gettavano in mare per sfuggire al nostro assalto.
La Phoenix era nuovamente inglese. Manovrammo il più velocemente possibile e giungemmo, finalmente in mare aperto."

Gli inglesi avevano riconquistato la nave che veleggiava verso sud per ricongiungersi alla flotta dell'ammiraglio Appleton, ma la crisi diplomatica era ben lungi dal risolversi.
Gli olandesi protestavano con il Granduca perché i britannici avevano compiuto un atto di guerra all'interno di un porto neutrale; gli inglesi, a loro volta, sostenevano il loro buon diritto alla riconquista della Phoenix. Infine entrarono con alcune navi nel porto di Livorno. L'ammiraglio Appleton intendeva portare al governatore della città le sue scuse per l'atto di guerra contro gli olandesi, ma, nello stesso tempo, sostenere che la provocazione olandese dell'esibizione della Phoenix sotto il loro vessillo era stata intollerabile per l'Inghilterra.
Il governatore accolse le parole dell'ammiraglio con l'assicurazione che le avrebbe riferite al Granduca, ma lo pregò di lasciare immediatamente Livorno, non appena effettati gli approvvigionamenti di acqua e viveri.
Sembrerebbe tutto risolto?
Invece no.
La flotta olandese apparve all'improvviso e si dispose a chiudere l'accesso del porto. Ogni nave in entrata ed uscita doveva passare sotto la minaccia dei loro cannoni. Dalle navi scese una delegazione di ufficiali latori di un messaggio dell'Ammiraglio Van Galen al Granduca. Van Galen chiedeva che il Granduca si adoperasse affinché la Phoenix, conquistata dagli inglesi in porto neutrale, fosse restituita agli olandesi, in quanto legittima preda di guerra conquistata in battaglia in mare aperto .
Il conflitto diplomatico durò a lungo e fallirono, uno dopo l'altro i tentativi di mediazione granducale.
Infine, i primi di marzo del 1653, il Governatore di Livorno intimò agli inglesi di uscire dal porto entro dieci giorni.
La situazione si fece concitata, gli inglesi cercavano di prendere tempo in attesa di rinforzi dal mare; gli olandesi minacciavano di entrare nel porto ed assalire le navi britanniche. Il Governatore arrestava ora gli uni ora gli altri ufficiali delle due marinerie per dare un segnale di forza e determinazione.
Seguiamo ancora il racconto di Tommy, il giovane marinaio inglese.

"Sono tornato a Livorno sulla fregata Bonaventura, mi è dispiaciuto lasciare la Phoenix, ma uno degli ufficiali che ci aveva guidati alla riconquista della nave, mi ha lodato per il mio coraggio ed ha voluto che lo seguissi nella sua nuova destinazione.
Da settimane siamo di fatto chiusi nel porto di Livorno. Ormai conosco a menadito la città, accogliente quante altre mai. Ma come pesa a me ed a tutti gli altri marinai questa sorta di prigionia! Possiamo scendere a terra solo in piccoli gruppi e per breve tempo. Chi torna a bordo ubriaco viene punito con severità. L'ammiraglio Appleton ha dato ordini severissimi. Non vuole che la sosta forzata, con la noia e il tedio conseguente, porti indisciplina e disdoro all'immagine della nostra Marina.


Oggi è il giorno 10 del mese di marzo 1653 ed è giorno di festa. Già ieri sera tra noi marinai correva voce che i nostri informatori avevano portato all'Ammiraglio, la notizia che la flotta inglese si sta dirigendo su Livorno per liberarci dal blocco olandese.
Questa mattina alle prime luci dell'alba abbiamo visto le vele nemiche prendere il largo, verso nord. Gli olandesi se ne sono andati. Hanno temuto l'arrivo della nostre navi.
Abbiamo avuto ordine di preparare le navi alla partenza, tempo due giorni completeremo i rifornimenti e finalmente torneremo in mare.
Oggi, 14 marzo 1653, fra pochi minuti faremo vela in mare aperto."


Sopra a destra La Battaglia di Livorno, 14 marzo 1653: Battle of Leghorn di Van de Velde
A destra il dipinto di Willem Hermansz van Diest, dipinta a metà del XVII secolo.

Tommy ed i suoi compagni avevano appena iniziato a respirare il vento ed il salmastro quando quelle vele nemiche che, solo due giorni prima, avevano visto allontanarsi da Livorno, ricomparvero minacciose.
La flotta olandese era ben più numerosa e gli inglesi provarono a fuggire verso sud. Non sappiamo che cosa abbia provato in quei momenti il nostro amico Tommy, quando si accorse che ogni fuga era impossibile e i cannoni inglesi aprirono disperatamente il fuoco.
Il fumo avvolse il mare ed il cielo .
La battaglia si svolgeva sotto gli occhi della popolazione livornese arrampicata sugli spalti del porto e sulle scogliere.
Gli inglesi provarono ad accorciare le distanze con le navi nemiche, l'unica speranza era negli abbordaggi e nel combattimento ravvicinato, ma gli olandesi li tenevano sotto un fuoco implacabile.
Infine l'ammiraglia Zeven Provincien, centrò la polveriera della fregata inglese Bonaventura.
La nave esplose frantumando uomini e legni.
Van Galen aveva ormai in pugno gli inglesi, ma la battaglia si protrasse fino a sera.
Livorno poté assistere al massacro e per giorni raccolse i cadaveri che il mare portava a riva.
Van Galen aveva trionfato ma pagò la vittoria con la vita. Ferito da una palla inglese che gli troncò una gamba volle restare sul ponte fino alla fine della battaglia. Pochi giorni dopo spirò.
Oltre seicento furono i morti che si contarono nel giorno del Signore 14 marzo 1653.

La Battaglia di Livorno

La battaglia navale di Livorno avvenne il 14 marzo (4 marzo del calendario giuliano) 1653, nell'ambito della Prima guerra anglo-olandese, vicino Livorno. La vittoria fu olandese sotto il comando del Commodoro Johan Van Galen che prevalse sulla flotta inglese guidata dal Capitano Henry Appleton. Rinforzi giunsero poco dopo con una flotta comandata dal Capitano Richard Badiley, che Appleton aveva tentato di raggiungere, ma era numericamente surclassata dagli Olandesi e si allontanò.

Nel 1652 il Governo del Commonwealth, credendo a torto che gli Olandesi fossero stati sconfitti nella Battaglia di Kentish Knock, divise le sue flotte tra il Mar Mediterraneo e le acque nazionali. Questa divisione delle forze portò a una sconfitta nella Battaglia di Dungeness nel dicembre 1652, e già all'inizio del 1653 la situazione divenne critica anche nel Mediterraneo. Lo squadrone di Appleton composto da sei navi fu intrappolato a Livorno da un blocco di 16 navi olandesi, mentre la flotta di otto navi di Badiley si trovava all'Isola d'Elba.
L'unica speranza per gli Inglesi era di combinare le loro forze, ma Appleton salpò troppo in anticipo e ingaggiò gli Olandesi prima che Badiley potesse arrivare in aiuto. Tre delle sue navi vennero catturate e due distrutte, soltanto la Mary, più veloce delle navi olandesi, riuscì a fuggire e a raggiungere Badiley, che nel frattempo provò a combattere ma l'inferiorità numerica lo costrinse alla ritirata.
La battaglia dette agli olandesi il controllo del Mediterraneo, compresi i traffici commerciali degli inglesi con il Levante, ma Van Galen fu ferito mortalmente, e morì il 23 marzo.
Uno dei Capitani presenti alla battaglia era il figlio del luogotenente-ammiraglio Maarten Tromp, Cornelis, che divenne egli stesso un famoso ammiraglio.
Navi olandesi coinvolte Navi inglesi coinvolte
Olanda (Johan Van Galen)
Vereenigde Provincien/Zeven Provincien (Province Unite/Sette Province) 40 (nave ammiraglia)
Eendracht (Concordia) 40 (nave vice-ammiraglia, Jacob de Boer)
Maan (Luna) 40 (Cornelis Tromp)
Ter Goes 40
Zon (Sole) 40
Zutphen 36
Maagd van Enkhuysen (Vergine di Enkhuysen) 34
Jonge Prins (Giovane Principe) 28
Julius Caesar 28 (mercantile)
Witte Olifant (Elefante Bianco) 28 (mercantile italiano; capitano Sijbrant Janszoon Mol)
Madonna della Vigna 28 (mercantile) - si arenò a Nord del Porto di Livorno
Susanna 28 (mercantile)
Zwarte Arend (Aquila Nera) 28
Salomons Oordeel 28 (mercantile)
Roode Haes (Lepre Rossa) 28 (mercantile)
Ster (Stella) 28 (mercantile)
Squadrone di Henry Appleton
Bonaventure 44 (Stephen Lyne) - distrutta dalla Province Unite
Leopard 48 (flag) - catturata (dalla Concordia?)
Sam(p)son 40 (mercantilen, Edmund Seaman) - incendiata da un brulotto
Mary 30 (mercantile, Benjamin Fisher)
Peregrine 30 (mercantile, John Wood) - Captured by Aquila Nera
Levant Merchant 28/30? (mercantile, Stephen Marsh) - catturata dalla Vergine di Enkhuysen

Flotta di Richard Badiley
Paragon 52 (flag)
Phoenix 36 (Owen Cox)
Elizabeth 36 (Jonas Reeves)
Constant Warwick 32 (Upshott)
Mary Rose 32 (mercantile, John Turtley)
Lewis 30 (mercantile, William Elle)
William and Thomas 30 (mercantile, John Godolphin)
Thomas Bonaventure 28 (mercantile, George Hughes)
Charity nel Mariner's Mirror (brulotto, Peter Whyting)
(Il numero accanto ad ogni nave indica il numero di cannoni)
 
 

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