PATRIZIA POLI
Patrizia Poli presenta
Lo spezzatino di soia:
ovvero dalla scrittura teatrale
a quella cinematografica.

Di Sergio Pietra Caprina


Da un bel po' di tempo disdegno di mangiare la carne degli animali e per la prima volta oggi ho provato a cucinarmi lo spezzatino di soia. Dopo averlo tenuto in bagnomaria per venti minuti l'ho messo in padella con pomodoro, aglio, cipolla, peperoncino, olio e sale. Quando l'ho mangiato (niente male!) mi è venuto a mente il sapore del cacciucco (il mangiare dei poveri una volta) che preparava mia madre quando ero piccolo. Cosa voglio dire con questo: che con la stessa filosofia ho scritto e messo in scena cinque musical, e altri spettacoli teatrali ancora, e alla fine mi sono accorto che tutti avevano un "taglio cinematografico". Come dire che in definitiva avevo cucinato parole per il teatro con una salsa cinematografica. In fondo era quello che volevo, no? Sì era quello che volevo! Nel mio intento quegli spettacoli dovevano essere solo un collaudo per studiarne le emozioni sul pubblico. L'obiettivo finale sarebbe stato di trasformare quelle sceneggiature in altre cinematografiche mantenendone le emozioni: per una di esse sono riuscito a farlo. Teatro e cinema sono due fenomeni artistici completamente agli antipodi: basti citare che nel teatro
crea emozione la voce e la platealità dei gesti mentre nel cinema la voce può solo essere sussurrata e la gestualità del corpo sostituita dall'espressione di un primo piano. Questa una semplice delle innumerevoli differenze. Dunque nello scrivere vi è la necessità di usare gli accorgimenti necessari: un "ti amo" detto in teatro deve essere udito in tutta la sala: la postura dell'intero corpo completa questa affermazione; nel cinema primo piano di chi dice e di chi ascolta, un dettaglio (o particolare) del volto o di una mano, dà un significato definitivo alla frase, talvolta con una colonna sonora adeguata ed un sapiente montaggio (un vero mosaico). Caso mai potrei dire che scrivere nel cinema assomiglia molto più a quello della narrativa. La didascalia delle sceneggiature cinematografiche è molto simile alla descrizione che si fa nel romanzo: cambia la tecnica dell'inserimento dei dialoghi. Esso in entrambi i casi (romanzo e cinema) dovrebbe essere limitato all'essenziale: nel teatro deve essere preminente, guai a lasciare dei vuoti.
Questa limitatezza deve esistere nel cinema in misura ancora più accentuata: la settima arte è raccontare attraverso le immagini. Uno dei più grandi attori, Charlot, re del mimo e della espressività: non ha quasi mai parlato. Per concludere, il cinema conoscerà una fase sempre più deludente: vuoi per mancanza di finanziamenti, vuoi per aridità della creatività (il premio Solinas di quest'anno ne è la dimostrazione: nessun vincitore per mancanza di idee originali). La faranno da padrone i film americani con i loro spettacolari effetti speciali (sigh!). Io personalmente (ma si badi bene! io sono nessuno!) cercherò di seguire la mia strada producendo artisticamente in proprio le mie opere. La speranza?... che un domani (domani? i miei capelli bianchi stridono con il mio cervello vulcanico) qualcuno si accorga di ciò che ho creato...forse soltanto di uno spezzatino di soia in salsa saporita, ma sarebbe già soddisfacente!
 
 

IL QUINTOMORO
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