| Ormai hai affinato lo stile e appreso tutte le tecniche. 
                            Forse sei persino bravo. Ma devi sapere una cosa: 
                            come te ce ne sono milioni, tutti al tuo livello, 
                            tutti che considerano la scrittura una ragione di 
                            vita, tutti meritevoli. Attorno a voi si è 
                            formato un esercito di sciacalli travestiti da promotori 
                            culturali. Da tempo il business non è più 
                            sul libro che si vende, ma su quello che ancora non 
                            c'è. E vai con i valutatori, gli editor, gli 
                            organizzatori di premi, i creatori di siti per scrittori, 
                            gli stampatori, i rilegatori, gli insegnanti di scrittura 
                            creativa, gli agenti.
 Proporrai il tuo romanzo alle case editrici importanti. 
                            Lo rifiuteranno a priori, salvo che tu non sia già 
                            famoso per altri motivi, che non rappresenti un fenomeno 
                            paranormale, o che conosca qualcuno molto in alto. 
                            Ti rivolgerai agli editori a pagamento. Ti spenneranno 
                            per non stampare neanche una copia del libro, o per 
                            stamparne un centinaio che finiranno al macero.
 Opterai per editori tanto onesti da non chiederti 
                            un versamento. La tua opera non verrà distribuita 
                            e le librerie si rifiuteranno di acquistarla. Dovrai 
                            comprarti le copie, il che equivarrà a sborsare 
                            un contributo, e dovrai sbatterti in qua e in là 
                            per venderle, come fossero pentole o asciugamani. 
                            Magari non sei il tipo per farlo, magari ti sembrerà 
                            di svilire il tuo lavoro e te lo vedrai morire fra 
                            le mani.
 Ti orienterai sul self publishing, comodo per chi 
                            è timido e spiantato. Il tuo libro avrà 
                            un prezzo elevato a causa delle spese di spedizione. 
                            Non lo comprerà nemmeno tua zia. La gente spende 
                            volentieri 20 euro per una maglietta che mette sì 
                            e no due volte, ma non per un romanzo costato anni 
                            di sudore. Nel frattempo, però, il tuo libro 
                            sarà considerato edito, persino senza codice 
                            ISBN, e gli editori importanti, che hanno solo da 
                            guadagnare boicottando l'autopubblicazione, si rifiuteranno 
                            di esaminarlo. (Se, però, miracolosamente, 
                            dovesse diventare famoso, non si farebbero certo scrupoli 
                            a cooptarlo). Sempre per lo stesso motivo, non potrai 
                            più partecipare a premi letterari per inediti. 
                            E forse neppure per editi. Insomma il tuo testo non 
                            sarà più né inedito, né 
                            edito, né carne, né pesce.
 Ah, e ricordati che, se per caso hai più di 
                            quaranta anni, la maggior parte dei premi importanti 
                            ti è preclusa. Magari non li avresti vinti 
                            lo stesso, ma che almeno ti lasciassero tentare.
 Ripiegherai sugli amici, rilegando amorosamente manoscritti 
                            da donare a Natale. Dopo mesi di silenzio, ti arrischierai 
                            a chiederne notizia. Diranno che hanno avuto troppo 
                            da fare per leggere la tua roba. Dopo, né tu 
                            né loro farete mai più cenno alla cosa.
 Questo, caro aspirante scrittore, è il futuro 
                            del tuo romanzo, resterà un'immagine di copertina 
                            che invecchierà con te, che verrà a 
                            noia a tutti e pure a te che l'hai scritto.
 Tu, se ti va, scrivilo lo stesso. Tanto, in casa, 
                            la carta igienica fa sempre comodo. Poi fatti recensire 
                            molto, soprattutto da chi ne sa meno di te, tappati 
                            il naso se nella critica trovi errori di ortografia 
                            e svarioni culturali. Iscriviti a tutti i gruppi Facebook 
                            dove si parla anche solo lontanamente di libri. Ricordati 
                            di frequentarli ogni giorno, salutando sempre col 
                            doveroso rispetto l'amministratore/amministratrice, 
                            inserendo cuori, fiori, peluche, tazzine di caffè 
                            fumante al mattino e camomille serali, elargendo baci 
                            a profusione, informandoti sulla salute di cani e 
                            gatti di tutti i partecipanti. Se danno un party per 
                            l'ennesimo iscritto, sii il primo, alle cinque del 
                            mattino, a brindare con lo spumante virtuale e a far 
                            esplodere petardi on line. Stralcia dal tuo libro 
                            frasi a effetto, che le tue amiche possano scrivere 
                            sul loro diario segreto e condividere nelle loro bacheche.
 Non dire mai quello che pensi davvero, clicca su mi 
                            piace fino ad avere il crampo da mouse, anche se ti 
                            viene da vomitare, lecca con dovizia e intensità 
                            i culi giusti, pubblicizza libri altrui che ti fanno 
                            schifo. Se qualche scrittrice di provincia racconta 
                            di "scapoli impertinenti", o di "afferrati 
                            delitti" tu afferma che sono licenze poetiche 
                            di un nuovo stile tardoromantico-analfabeta che si 
                            sta sviluppando, e all'ennesimo maschio infoiato che 
                            descrive orgasmi d'improbabili casalinghe in fregola, 
                            parla di aspetti dionisiaci e di gnosticismo, senza 
                            dimenticare, mi raccomando, un riferimento al matriarcato 
                            di Bachofen.
 Mostrati sempre entusiasta di tutto ciò che 
                            dicono i blogger letterari di un certo peso, specialmente 
                            quelli che leggono Tolstoj tutte le sere prima di 
                            dormire, e, se affermano che Dante Alighieri era un 
                            emergente da stroncare sul nascere e che Leopardi 
                            scriveva roba spassosa, tu trova qualcosa a sostegno 
                            delle loro opinioni.
 Fai passare il link del tuo libro dalle 400 alle 500 
                            volte al giorno, con intervalli di 6 minuti esatti 
                            fra un passaggio e l'altro.
 Tagga tutti, ma proprio tutti, anche l'amico salumiere, 
                            anche l'autostoppista conosciuto ad Agosto in Sardegna, 
                            anche il contatto di Los Angeles che a quest'ora dorme 
                            ma non si sa mai, magari soffre d'insonnia.
 Se muore un oscuro poeta minore dell'Uzbekistan, condividi 
                            versi delle sue impenetrabili poesie, definendolo 
                            una "perdita incolmabile" per la cultura 
                            mondiale, mostrandoti personalmente affranto. Parla 
                            di lui come se fosse di famiglia, rimpiangi i bei 
                            vecchi tempi quando tu e lui vi prendevate un caffè 
                            sotto la porta di Brandeburgo parlando insieme di 
                            Majakovskij.
 Fotografa il tuo libro in tutte le posizioni, graziosamente 
                            contornato di piante, languidamente adagiato fra cuscini, 
                            devotamente sotto la foto di padre Pio o, meglio ancora, 
                            del Papa. Se hai uno scaffale ben fornito di libri 
                            e magari pure la fortuna che il tuo cognome inizia 
                            con la M, immortalalo fra Manzoni e Moravia. È 
                            consigliabile anche infilarlo di nascosto nella vetrina 
                            della libreria più importante della tua città, 
                            scattargli una foto col cellulare accanto al best 
                            seller milionario del momento, poi ritirarlo prima 
                            che la commessa se ne avveda.
 Se ti è possibile, muori. Fa sempre un certo 
                            effetto e attira simpatie e consensi.
 Ti diranno: "Continua scrivere, sarebbe un peccato, 
                            hai lì il tuo sfogo, la tua arte, la tua creatività."
 Sì, certo, ma per cosa, per chi? La risposta 
                            più banale è per te stesso. Ma non si 
                            scrive per se stessi, forse nemmeno il diario. Si 
                            scrive per incanalare le emozioni, arginarle e organizzarle 
                            in un tutto organico che diventa creatura, nuova vita, 
                            mondo secondario. Si scrive per rileggere dire: "Porca 
                            troia, che bello 'sto pezzo ma l'ho buttato giù 
                            in trance?", si scrive per dare origine a una 
                            storia e a dei personaggi che prima non c'erano e 
                            ora ci sono e ci saranno per sempre, personaggi che 
                            hanno spessore morale e densità fisica. Si 
                            scrive soprattutto riscrivendo, con fatica certosina, 
                            limando fino a raggiungere il rigo finale, quello 
                            cristallino, musicale e dato una volta per tutte, 
                            quello che, quando lo rileggi anche a distanza di 
                            anni, ti fa ancora vibrare.
 Però, viene da chiedere, a che ti serve oggigiorno 
                            scrivere un romanzo? Chi lo leggerà, a parte 
                            tua madre, tua sorella, e i tuoi cari, gentili, compassionevoli 
                            amici di Facebook, per altro sempre meno perché 
                            con i nuovi diari, le impostazioni di privacy, le 
                            liste, ormai più contatti hai meno visibile 
                            sei?
 Di là dalla pubblicazione, dalle vendite, dai 
                            premi letterari, dalle recensioni, dai litblog, dalle 
                            riviste cartacee e on line, dalle Pagine Facebook 
                            dedicate alla narrativa, dai siti specializzati, dai 
                            corsi di scrittura creativa, dagli editor e degli 
                            editing a pagamento e non, dai Saloni del Libro, dalle 
                            conferenze, dai meeting sui libri e su chi parla dei 
                            libri e su come parlare di chi parla dei libri, etc 
                            etc, che senso ha un nuovo romanzo in questa massa 
                            informe di scrittura, di testi belli, brutti, orrendi, 
                            così così?
 Chiunque metta su carta un pensiero o una fantasia 
                            sessuale ora si sente autorizzato a pubblicare, a 
                            diffondere, vista la facilità del mezzo, chiunque 
                            pianti un rigo su un foglio bianco, lo corredi di 
                            punti esclamativi o di sospensione a indicare emozioni 
                            che non è capace di esprimere, si crede così 
                            poeta da partecipare al famoso premio del Caciocavallo 
                            di Vattelappesca. L'illusione di essere narratore, 
                            poeta, giornalista, critico, ti afferra solo perché 
                            sei in grado d'inserire un pezzo su Wordpress o su 
                            Blogger, così come, eoni fa, t'immaginavi Hemingway 
                            solo a possedere una macchina per scrivere.
 Insomma, più che ti addentri in questo mondo, 
                            più la materia gonfia, si dilata, si disperde, 
                            diventa amorfa e autoreferenziale. Chi ti sta parlando 
                            ne è un esempio a tutti gli effetti ma, almeno, 
                            ne è un esempio consapevole e dubbioso.
 Come emergere, dunque, come distinguerti addirittura 
                            dagli omonimi, dai cloni che proliferano? Come assicurare 
                            alle tue innocenti creature il diritto di vivere, 
                            di prendere forma, negli occhi e nella mente di un 
                            lettore?
 E ciò che tu, autore, hai scritto, che valore 
                            ha? È bello, è mediocre, è mainstream, 
                            è letteratura, è poesia, è una 
                            boiata, è spazzatura? Perché qualcuno 
                            dovrebbe leggere il tuo romanzo piuttosto che quello 
                            di un altro, piuttosto che quello di milioni di altri? 
                            Ed ha ancora un senso scrivere in questo magma senza 
                            più filtro, sapendo di essere una goccia nel 
                            mare, di lanciare un messaggio in bottiglia?
 Ecco 
                            io, da scrittore della domenica come te, da critico 
                            improvvisato, da blogger di provincia, da giurato 
                            di oscuro premio letterario, non ho una risposta. 
                            E tu?  Patrizia 
                            Poli |