di Fabio Marcaccini
Era il 1689 quando arrivarono a
Livorno i padri domenicani. Presero alloggio in
una locanda in via Grande mentre una piccola cappella
interna alla Fortezza Nuova, consentiva loro di
celebrare le funzioni religiose. Colti e poliglotti,
come richiesto dallordine, avevano scelto
Livorno per la grossa possibilità che la
città di porto offriva: venire in contatto
con le diverse etnie, alle quali predicare. Allora
la fortezza era divisa in Fortezza Nuova, Rivellino
e Forte San Pietro. Subito i padri si adoperarono
perché gli venisse affidato un terreno
sul quale poter edificare la loro chiesa. Venne
così concesso il Palazzo del Rifugio, costruito
su pali di pino verde, su un terreno paludoso
denominato il Cimitero dei Poveri,
dove prima si seppellivano le spoglie mortali
della povera gente. Tra il 1704 e il 1707 venne
costruita la prima chiesetta, piccolissima e posta
in angolo, sul retro dellattuale, della
quale oggi, non resta alcuna traccia. Nel 1711
venne lasciata per dar vita ad una chiesa più
grande, confinante con la prima, ma indipendente,
con allinterno 5 navate in pietra serena.
La necessità di ingrandirsi, portò
i domenicani ben presto a richiedere fondi alle
altre congregazioni dellordine, mentre da
Cosimo III de Medici, fervente cattolico,
ricevettero aiuti a sostegno delle loro necessità.
Tanto materiale utile al proseguimento dei lavori,
veniva invece loro donato, da altri cantieri aperti
nel quartiere Venezia. La costruzione della chiesa
dei domenicani, nata da un progetto iniziale di
Giovanni del Fantasia mai ultimato, che prevedeva
per la stessa un aspetto molto più sfarzoso,
vide il suo primo riconoscimento dal Vescovo di
Pisa e Livorno, nel 1721, con una solenne processione
dalla chiesa vecchia, alla nuova. Ci vorranno
altri 32 anni, perché i lavori possano
ritenersi quasi finiti e più architetti
succedersi al Fantasia, anche per la continua
mancanza di fondi che fa dei domenicani dei cattivi
pagatori. Si trovano tracce di litigi furibondi
con gli architetti e i lavoranti del tempo. In
una chiesa già attiva, si succedettero
alla guida dei lavori prima larchitetto
Alessandro Saller (1729), poi Giovanni Masini
(1739), Ruggieri (1746) e ancora larchitetto
Fuga di Roma (lo stesso della facciata di S.Maria
Maggiore), al quale si pensa possa appartenere
il progetto del campanile. A partire dal XVIII
secolo venne affiancato alla chiesa anche un convento
per i frati domenicani, finito di realizzare nel
1710. A fine 700 i domenicani, grandi protettori
dellortodossia cattolica proclamandosi contrari
alleresia giansinista furono costretti ad
abbandonare Livorno e lasciare la Chiesa. L'ordine
venne infatti soppresso per ben due volte (1785
e 1808), in seguito all'editto napoleonico con
il quale si disponeva lo scioglimento di tutte
le congregazioni religiose.
Nel periodo di occupazione francese la chiesa
subì continui saccheggi. Nel 1817 il Granduca
restituì ai domenicani il monastero, privati
però definitivamente del loro convento.
La
chiesa di Santa Caterina si caratterizza per le
sue forme rinascimentali, che richiamano le note
opere di Brunelleschi e Bramante.
La sua pianta è ottagonale. La sua struttura
è anche un rimando alle tondeggianti costruzioni
classiche. La lanterna posta sulla sommità
della cupola risale invece al 1869, realizzata
da Dario Giacomelli.
All'interno della chiesa si possono ammirare un
dipinto del Vasari e gli affreschi settecenteschi
del Terreni e del Traballesi.
La
tela del Vasari posta dietro l'altare maggiore,
rappresenta l'Incoronazione della Vergine. Sopra
di essa campeggia il "Padre Eterno in Gloria",
realizzato dal Traballesi nel 1758. I lavori del
Terreni sono invece nella cappella della Madonna
del Rosario, dove si può ammirare anche
un presepe scolpito nel legno, di Cesare Tarrini.
Riservato ai frati domenicani, la pratica di conservare
le reliquie di santi e martiri, anche la chiesa
di Santa Caterina, non viene meno a questa tradizione.
Nelle 7 navate e nel piccolo museo presente si
trovano ancora oggi i resti di numerosi santi,
quasi sempre anche martiri per non aver rinnegato
la loro fede cristiana. Il capitano di ventura
Flippo Corti, dalla cripta di
San Saturnino nel duomo di Cagliari, porta a Livorno
i resti di Santa Vigilia. Nel 1942 in occasione
del grande terremoto, i livornesi si rivolgono
alla santa in segno di protezione. La chiesa non
subisce alcun danno e la nuova arrivata, viene
eletta a santa coprottetrice di Livorno dai terremoti,
insieme alla Patrona santa Giulia. Ma in santa
Caterina si possono anche trovare i resti di uno
dei tanti san Valentino. La storia di questi però
è pressoché sconosciuta, pertanto
ci fa piacere pensarli come quelli appartenenti
al santo dellamore. Sappiamo bene che la
Chiesa riconosce al patrono degli innamorati,
solo quelli presenti nella chiesa di Ozieri in
Sardegna e nella basilica di Terni, ma che se
ne dica, la nostra Livorno ha anche il suo san
Valentino. Si ringraziano il Parroco don
Giuseppe e i volontari di Santa Caterina
(Fonte "Livorno Magazine" N. 0 - Gennaio2007)