Livorno Magazine

NOTIZIARIO
DA SAN JACOPO


bambini livornesidi Pino Baroncelli

La messa stava per iniziare. Stavo appoggiato alla parete della chiesa e riflettevo: quali pensieri avranno attraversato la mente di colui che, quattrocento anni prima, si fosse trovato appoggiato allo stesso muro. Certamente non si sarebbe trovato come me all'interno, ma fuori la chiesetta di allora, all’epoca recentemente costruita sopra la primitiva che restata circa tre metri sotto. L’alta parete in pietra con il portale d'ingresso, guardava verso il mare, alla scogliera sottostante e coloro che uscivano potevano scorgere subito l'orizzonte con il profilo della Gorgona; sulla sinistra, i resti delle celle degli eremiti sopra i quali si ergeva una fornace di vetri; sulla destra, una distesa di scogli limitata a terra dalla palude e un po’ dalla probabile folta vegetazione di macchia mediterranea, che non impediva però la vista del maestoso fanale del porto. Accostata, al retro della chiesa, vi era una torre armata per l'avvistamento e la difesa, molto simile a quella tuttora esistente a Calafuria, la cui base fornisce due vani ai locali della casa canonica. L’ipotetico villano della fine del XVI secolo avrebbe potuto ammirare il transito di qualche veliero e barcone verso il porto di quel castello che si stava trasformando velocemente in citta'.
Si può supporre che un moto di sorpresa, meraviglia e forse anche paura, potesse agitare l'ipotetico villano, appoggiato alla chiesetta, all'inizio del XVIII secolo. Ai suoi occhi "un convoglio di dieci feluche mercantili napoletane", trainate da un veliero genovese armato e dirette verso sud. All'altezza di Antignano, una nave
corsara francese assale il convoglio, ardita in tale impresa, vista la vicinanza al porto. La nave genovese, in tutta viltà, staccò i cavi che la legavano al convoglio di barche da carico, abbandonandole così al loro destino. Alle barche napoletane non rimase altro che cercare velocemente aiuto e riparo verso il porto, ma la più carica, in maggior difficoltà, pensò che preferibile era ritirare nella più vicina cala davanti alla chiesetta di S.Jacopo. La nave francese, mise in acqua una lancia veloce e si lanciò all’inseguimento della preda. La lancia esplose colpi di archibugio verso i marinai napoletani, mentre da terra si organizzava la difesa. Dalla
ragazze di livornoTorre di Ardenza furono sparati colpi di cannone che però finirono in acqua, lontano dagli assalitori. Dal vicino Forte dei Cavalleggeri, un manipolo di armati insieme a popolani che si unirono, si avvicinò alla cala in soccorso e difesa dei marinai napoletani, feriti e stremati, ma ormai in salvo sulla terra amica. Al largo, dalla nave corsara che veleggiava si levò la rabbia per l’impresa fallita.
Partirono altri inutili colpi verso la scogliera, che non sfiorarono alcuno. Dopo giorni che l’autorità del porto continuavano a negarle l’ospitalità, anche i corsari francesi probabilmente saranno potuti entrare a trovare riparo.
Del resto come in questo racconto di fantasia, tratto da un episodio del libro “Livorno Corsara” di Enrico Vincenzini e poi elaborato, così si svolgeva la vita sul mare e a terra in periodi storici dove il borgo di San Jacopo era già testimone, insieme a villani o pescatori occasionali, appoggiati o no, alle mura della sua chiesetta. (Fonte "Livorno Magazine" N. 0 - Gennaio 2007)
 
 
IL QUINTO MORO
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