Livorno Magazine

SAN JACOPO
Quartiere di altri tempi



bambini livornesi di Pino Baroncelli

Nel rione di San Jacopo, gli scontri fra bande di ragazzi e le conseguenti “sassaiole” avevano determinato una graduatoria: quelli di “sotto ’r fosso” erano diciamo... i più birbanti mentre noi delle “casine” si vinceva contro quelli del “camposantino” e di “Barriera”. Era chiamata “le ‘asine” quella parte di S.Jacopo che comprendeva via delle Conce, una parte di Via dell'Eremo fino a via della Cisterna, probabilmente per l'altezza delle abitazioni che si limitava al primo piano. Al centro di questa zona c’era il “Terrazzone”.
Qualcuno diceva che era un vecchio convento degli Eremiti di San Jacopo, molti lo identificavano come il vero Eremo. Il fatto era che si trattava di una vetusta costruzione, circondata da un marciapiedi sopraelevato dal piano stradale sui lati est e nord. Alle abitazioni del piano terra si accedeva sia da via dell'Eremo che dal lato posteriore, parallelo a via delle Conce. Dal lato di via dell’Eremo, una scala interna conduceva alle abitazioni del primo piano attraverso un lungo ballatoio, illuminato da finestroni ad arco che si affacciavano sulla stradetta a fondo chiuso, il cui pavimento era costituito da grandi pietre convergenti al centro, per lo scorrimento delle acque pluviali. Le abitazioni non avevano né acqua potabile, né bagno, per cui erano state aggiunte due latrine comuni per piano, mentre una fontana posta sul lato Nord forniva l’acqua potabile. Nella memoria il ricordo del “terrazzone” è associato al rumore della sega elettrica della rivendita di legna e carbone, posta di fronte, rumore che in certi giorni era ossessionante. Alla presenza di qualche pescatore che riparava le reti, tenendole fissate ad un chiodo nel muro, mentre passava e ripassava lo spago nel punto da riparare, o mentre “batteva” con un legno un polipo (si dovrebbe dire “porpo”) pescatonelle acque dello “scaletto”, ormai dimenticato, per renderlo più morbido alla cottura (’r porpo, non lo scaletto).
Come non ricordare il rumoroso vociare dei ragazzi che giocavano al “tamburello” rimandandosi una spelacchiata palla da tennis, con rudimentali racchette di legno, nella adiacente piazzetta di via del Moro, accompagnati dalle consuete brontolate dei vicini, per la paura di probabili rotture di vetri. Al ritorno dallo “sfollamento”, anche la mia famiglia fu ospitata nel “terrazzone” per qualche mese e così feci parte del gruppo di bimbe e bimbi che lo abitavano. E' un dolce e caro ricordo di giochi d'infanzia, di pomeriggi e serate serene, che aveva come luoghi di incontro gli spazi circostanti il “terrazzone”: animati nelle sere di primavera e d'estate, da nugoli di ragazzi che correvano, giocavano ai “4 cantoni”, si univano in cerchio cantando le strofette di “è arrivato l'ambasciatore...” e “ma quante belle bimbe, Madama Dorè... me ne daresti una”, mentre altre ragazze saltavano alla corda e nell’aria intorno si sentiva un buon profumo di gelsomino, forse proveniente dal vicino giardino della “Lucertola”, edificio di via delle Conce che si atteggiava a villetta.
(Fonte "Livorno Magazine" N. 0 - Gennaio 2007)
 
 
IL QUINTO MORO
EDITORE:
MAURIZIO SILVESTRI - P.Iva: 01471820496
LIVORNO MAGAZINE © 2007/2012 - Periodico di Informazione, storia e cultura della Città di Livorno
Aut.ne Tribunale di Livorno n° 3/07 del 13.02.2007 - Vietata la riproduzione anche parziale

Direttore Responsabile: MAURIZIO SILVESTRI


Web design by EmmesseCommunication © 2007/2012 - Tutti i diritti riservati .:. All right reserved