"Qual è il mio futuro?"
Credo che molti di voi guardandosi allo specchio si
saranno posti questa domanda.
In un secolo di demoralizzazione generale, i giovani
ricercano spesso di sviare a questo interrogativo,
convinti di non avere i mezzi per rispondere o perché
adagiati nella loro condizione di figli.
Sin dal passaggio dalla scuola elementare a quella
media superiore, il signor Futuro bussa alla porta
dei ragazzi prospettando loro la prima scelta da prendere.
E' un bussare flebile che non vuol spaventare ma semplicemente
per ricordare di non essere soli.
Non tutti vivono questo passaggio allo stesso modo.
I bambini possono sentirsi appagati per l'autonomia
che gradualmente acquistano dai genitori, come allo
stesso tempo sentirsi a disagio per l'aumento delle
responsabilità alle quali sono sottoposti.
Le scuole medie che trascorrono troppo in fretta con
il signor Futuro che aumenta l'intensità del
suo bussare che... in un attimo... siamo punto e a
capo. Se in precedenza i genitori avevano in parte
indirizzato i figli, adesso è il momento nel
quale li chiamano ad essere grandi, a farsi carico
delle proprie scelte, a seguire le loro aspirazioni.
"E' però possibile capire
le proprie aspirazioni a 13-14 anni?"
Ma non c'è tempo per pensare a come rispondersi,
perché altrimenti... si resta indietro. La
corsa frenetica della vita deve continuare.
Gli anni delle superiori sono passati: alcuni li hanno
trascorsi serenamente perché hanno già
tracciato un progetto da perseguire mentre altri hanno
contato i minuti, le ore, i giorni per arrivare al
diploma senza neanche un'idea del possibile domani.
Quanti in questo tragitto hanno arrestato la loro
corsa per buttarsi in lavoretti nella speranza di
una lenta scalata lavorativa o per qualche soldo.
E dopo tanto studiare e studiare è arrivato
il momento di premiare i "vincitori" ma...
colpo di scena... è sempre il signor Futuro
a consegnare i diplomi. Ti fissa negli occhi, ti stringe
intensamente la mano e con sguardo beffardo ti dice:
"E ora?"
Hai cercato tanto di non rispondere a quella domanda
ma adesso non ti divide più un portone, sei
faccia a faccia con la tua paura più grande:
non sei stato in grado di prendere consapevolezza
di te stesso e dei tuoi veri interessi? Avresti dovuto
concederti più tempo per riflettere.
In un immaginario totalmente pessimistico della vita
che si fa realismo, noi dobbiamo essere i diversi
per non farci sopraffare dal mondo. Dobbiamo interrogarci
spesso per riuscire a conoscerci; essere capaci di
scegliere anche di passare dalla strada più
lineare e sterrata a quella più tortuosa e
difficile se questo può essere utile per seguire
le nostre tendenze... i nostri desideri.
Dobbiamo avere dei sogni senza che niente ci possa
scoraggiare, perché la vita è nostra...
perché la Vita è una sola!
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