M O D I ' visto
con gli occhi
di Alessandro di Livorno
La
prima volta che incontrai Amedeo avevo undici anni. Mio padre
e mio zio mi portarono alla mostra che il Comune di Livorno aveva
allestito per celebrare i 100 anni dalla nascita di Dedo.
Quello
che colpì subito la mia fantasia di bambino furono quelle
teste, più o meno scure, scolpite generalmente in pietra
serena con quei volti lunghi e sottili come ombre e le sopracciglia
arcuate, attaccate ai lunghi nasi.
Nell'estate del 1984 gli occhi di tutto il mondo artistico e
non solo, sono puntati su Livorno. Nello specchio d'acqua antistante
gli Scali D'Azeglio si cercano delle sculture, delle teste.
Modigliani in una delle sue ultime visite a Livorno aveva avuto
l'intenzione di portare con sé, a Parigi, le sculture
che aveva realizzato qualche anno prima.
Non potendole portare in treno, chiede consiglio ad alcuni
pittori livornesi suoi amici su come risolvere il problema.
La risposta è entrata nella leggenda che circonda
il personaggio: "ma buttale ne' fossi" - ironicamente
gli consigliarono gli amici. Che Dedo lo abbia fatto davvero...
non ci è dato di saperlo. Del resto, troppi anni
sono passati e troppe bombe sono cadute sulla città
durante la seconda guerra mondiale a nascondere qualsiasi
eventuale traccia di dove quelle teste potessero mai essere
finite.
Tre
teste furono effettivamente ritrovate, ma erano ben lungi
da essere autentiche. Misi in croce mio padre perchè
mi trovasse una lastra di pietra serena e fattomi prestare
martello e scalpello da un vicino, mi misi a lavoro, nonostante
mia madre continuasse a protestare temendo che potessi
danneggiare il pavimento di casa. Ma alla fine anch'io
avevo la mia testa di Modigliani.
Nell'
estate del duemiladodici cedetti alle insistenze della
mia ragazza per visitare Parigi.
Non mi interessava molto rivedere la Tour Eiffel o gli
Champs Elisees che avevo avuto modo di vedere negli anni
ottanta né, tanto meno, l'Opera o la Place de la
Concord dove durante il periodo della rivoluzione si tagliavano
- appunto- le teste. Parigi per me era sinonimo di Modì...
della tomba di Amedeo e Jeanne.
Fui
fortunato oltre ogni aspettativa. Alla Pinacoteque avevano
allestito una mostra di pittura sugli artisti di Montparnasse
dal titolo "Modigliani, soutine et l'aventure de
Montparnasse".
Era
come trovarsi tra amici. Quante volte avevo visto quei
dipinti sui libri d'arte! Per la prima volta avevo davanti
a me Zborowsky e Jeanne con gli occhi neri, così
vivi da bucare la tela. Poi Dedo in un autoritratto del
1919.
Mi soffermai qualche secondo davanti a quel disegno, forse
sperando che prendesse vita, che potesse parlare, come
nei film horror dove dipinti e sculture si animano davanti
ad impauriti passanti.
La tomba di Dedo non è semplice da trovare. Il
cimitero è enorme ed i nomi sono riportati solo
sulle tombe, anche la mappa che forniscono non sempre
è esatta.
Ci misi un pò per trovarla e furono dei ragazzi
spagnoli ad indicarmela. Mi aspettavo di trovare qualche
simbolo della nostra città magari un cartello,
una targa, niente! La lapide in italiano con solo scritti
i nomi di Amedeo e Jeanne, data, luogo di nascita - unico
riferimento a Livorno - e morte.
Bottiglie di vino, sigarette e qualche biglietto in diverse
lingue, decoravano la sepoltura del più famoso
al mondo dei livornesi.
Amedeo
giace a Parigi - pensai - dimenticato dalla sua città.
Presi carta e penna e scrissi un biglietto, per lasciare un
saluto a nome di Ilaria, Agnese, Ennia, mio e della città
di Livorno, tutta!
Ma
ecco che qualcuno a Livorno sembra ricordarsi di Modigliani
e, alla fine di un ballottaggio mediatico, a suo nome, gli va
ad intitolare in suo onore, il Palalivorno che per i prossimi
venti anni si chiamerà Palamodigliani.
Chissà se Dedo, dove si trova ora, riesce a vedere l'omaggio
tardivo da parte della sua città che tanto amava. Se
così fosse, probabilmente, sarà già pronto
ad alzare una bottiglia di vino rosso per brindare come a lui
piaceva fare:
- A Livorno !