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l' EDITORIALE di Maurizio Silvestri
aprile 2007

Il quinto MoroIncontriamo il Quinto Moro, quello che, come abbiamo già detto nel numero scorso è libero come lo spirito dei livornesi e se ne va per la città a raccogliere notizie.
Dire che è piuttosto seccato è poco. Nero come la pece lo è da sempre ma stavolta è tutto imbrattato della nafta schizzata fuori da una nave chimichiera. Dice qualche parolaccia irripetibile in linguaggio barbaresco e poi inizia a parlare: .
“Ci mancava anche la nafta, proprio ora che l’estate si avvicina. Vabbé che è stato un incidente ma insomma non si poteva proprio far niente per evitarlo?” .
Eppoi continua: “Una settimana da bestia l’ultima di marzo. Intanto il Livorno calcio va male ma di questo si può sopravvivere anche perché, fortunatamente, sempre più persone si stanno rendendo conto che non si può vivere di solo Lucarelli, che è certo un ragazzo in gamba ma che non è il Padreterno da venerare o l’Uomo della Provvidenza”. Il peggio è la violenza che dagli stadi sembra si stia estendendo altrove e ad altri sport. “Ho sentito – dice il Moro – che sono stati accoltellati dei ragazzi che erano a Milano per una gara di kick boxing. Ma è possibile? E perché poi? L’unico motivo addotto dagli aggressori sarebbe stato: siete livornesi? Ecco cosa vi meritate”. Che gli eredi di Labrone non siano mai stati simpatici al resto d’Italia è storia nota. Lo stesso governo italiano appena costituito penalizzò la città, malgrado la resistenza dell’11 maggio 1849 agli austriaci, riducendola ai minimi termini. I livornesi, proprio in quella occasione avevano dimostrato sì di volere una Italia unita ma anche di lottare per la giustizia sociale e contro lo sfruttamento del popolo. Principi del genere, portati avanti sia da Mazzini che da Garibaldi e da Enrico Bartelloni, eroe della difesa di Livorno, non potevano piacere a nessun governo dell’epoca. Dunque giù, affonda la città. La città della tolleranza, degli uomini e delle donne che non vogliono essere sottomessi e che non si piegano di fronte a nessuna prepotenza. Questo non piace neanche oggi. E dunque ecco il marchio di ribelli ad ogni costo. Il che ha significato da sempre pochi finanziamenti pubblici e macerie dell’ultima guerra che fino a neanche molti anni fa, arredavano la città. La ribellione labronica non ha un colore politico anche se qualcuno, da sempre, prova a cavalcarla. E’ l’indole del livornese ad essere libera. E siccome la libertà dà fastidio soprattutto a chi libero dentro non è, ecco l’aggressione, a Milano, ad un gruppo di atleti che praticano arti marziali ovvero persone che, contrariamente a quanto si può immaginare, sono estremamente pacifiche proprio perché incanalano ogni forma di aggressività nella loro disciplina. Di tutto questo parliamo col Quinto Moro che annuisce
mentre si toglie la nafta dalla pelle (nafta che poi diventerà “morchia” come la chiamano da sempre i livornesi) e spera solo che qualcosa possa cambiare. E che tutto
sia pulito almeno per il Trofeo Accademia Navale quando a Livorno arriveranno mi-
gliaia di persone per l’avvenimento marinaresco tra i più importanti del mondo.
Lui, il Quinto Moro, ci sarà.
Ed anche noi naturalmente.
Edizione IL QUINTO MORO
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