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 LE 
                                    AVVENTURE DEI BIMBI DEL BORGO 
                                "Ma poi la guerra travolse i nostri sogni". di Ennio Allegri di Ennio Allegri  Mara 
                                      era una ragazzotta di 11/12 anni, abbastanza 
                                      precoce per la sua età e che, malgrado 
                                      questo, poteva continuare a farsi vedere 
                                      per strada insieme ai maschi an che più 
                                      grandicelli in quanto non aveva ancora compiuto 
                                      il 12° anno, l'anno fatidico che definiva 
                                      per la gente il confine netto e invalica 
                                      bile oltre il quale, se una ragazza avesse 
                                      osato farsi vedere in giro da sola in compagnia 
                                      di un ragazzo, l’avrebbe portata impietosamente 
                                      ad essere classificata come “puttanella”.Quindi se un ragazzo ed una ragazza volevano passare un po' di tempo in intimità da soli avevano una possibilità (naturalmente di giorno): percorrere separatamente un tratto di Borgo dei Cappuccini, arrivare, passando da via delle Navi o da Corso Umberto, in Piazza Mazzini e da qui in Piazza L. Orlando dove si trovava il cantiere navale, per proseguire fino alla Bellina o anche allo “Scoglio della Regina” specie se d'inverno. A questo punto potevano riunirsi per trascorrere n po' di tempo insieme. Ovviamente prima che calasse la sera dovevano ritornare in Borgo Cappuccini separatamente Quelli invece che erano fidanzati ufficialmente in casa, potevano an-dare ovunque volessero, perfino oltre la chiesa, fino in Piazza Roma e da qui nei campi. Naturalmente dovevano essere accompagnati dalla mamma di lei o dal fratello minore o quantomeno da un parente stretto. Fermo restando poi che qualche volta, nel tardo pomeriggio, potevano anche restare soli in casa: come si dice a Livorno: “occhio non vede cuore non duole”.  Ma 
                                      ritorniamo a Mara, ragazza sempre allegra, 
                                      piena di vita e di entusiasmo per qualsiasi 
                                      gioco che i ragazzi e le ragazze di Borgo 
                                      decidessero di fare. Quel giorno era insolitamente 
                                      esagitata; sembrava preoccupata. Si appartò 
                                      con Francesco continuando ad indicare verso 
                                      via Vittorio Emanuele II. AncheFrancesco 
                                      sembrava preoccupato.Dal loro viso si capiva facilmente che quel giorno non si sarebbero nascosti per giocare al dottore in quella specie di cantina che il custode della fabbrica di mattoni di Piazza Giovine Italia, all’insaputa di tutti, aveva messo a disposizione dei ragazzi di Borgo per i loro giochi quand’era tempo brutto, oltre che per tenere al sicuro i loro attrezzi (carretti con cuscinetti a sfera, monopattini, ghinè, trottole e anche balestre, sassi e bastoni per fare la guerra). Quando Mara andò via di corsa, Francesco si precipitò a raccontare agli amici ciò che era accaduto. La zia di Mara andava a servizio in via Vittorio Emanuele II dal conte Della Valle e, nel pomeriggio del giorno precedente, mentre stava lavorando, arrivò in casa il figlio tredicenne del conte con alcuni amici per studiare e fare i compiti. Si misero anche a parlare dei loro problemi e dai loro discorsi venne fuori che i loro padri, messi al corrente da qualcuno (il segretario del P.N.F in via Verdi) che visto che i figli qualche volta si ritrovavano a giocare per strada in via S. Francesco, avevano vietato nella maniera più assoluta a questi di frequentare quel luogo non decoroso per dei giovani ricchi e nobili, così vicino al ghetto degli Ebrei. Il problema era il non saper dove andare vista la presenza a terra delle vie dove abitavano, del Pavèe delle verghe del tram che spesso passava insieme alle carrozze trainate da cavalli. Un paio di volte avevano tentato di andare oltre la Piazza Vittorio Emanuele II in Venezia ma erano stati spintonati e malmenati dai ragazzi del posto. Ad uno dei ragazzi allora venne l’idea: saputo che nella cantina di fianco alla fabbrica di mattoni (quella di Mara e Francesco) i ragazzi di Borgo avevano nascosto i loro giochi e gli attrezzi per fare la guerra, bastava riuscire ad impossessarsene per potere poi riconsegnare il tutto ai legittimi proprietari a condizione che permettessero anche a loro di andare a giocare nelle strade di Borgo. Quando la zia raccontò alla mamma di Mara ciò che aveva udito compresa la frase “ la fabbrica di mattoni dove va sempre Francesco con quella puttanella di Mara” successe il finimondo. La mamma col battipanni, mentre la sera il padre chiuse Mara in camera “a letto e senza cena” con l'obbligo più assoluto di giocare i pomeriggio per strada solo con le altre ragazze e senza allontanarsi da Borgo dei Cappuccini. Stare a giocare sulla strada in Borgo significava essere continuamente sorvegliati. Tutte le mamme, nelle prime ore del pomeriggio dopo le faccende domestiche, andavano infatti a sedersi fuori del portone dello stabile con le sedie sul marciapiede parlando fra loro e passando il pettine fitto tra i capelli dei figli dopo avere preventivamente lavato la testa con l'aceto: operazione da eseguire almeno Due o tre volte la settimana sulle ragazze dai capelli lunghi mentre bastava una sola volta per i ragazzi che portavano i capelli molto più corti. Insomma... Si praticava lo “spidocchiamento”.  Mara 
                                      e Francesco però, non si sgomentavano 
                                      anche perché potevano continuare 
                                      a vedersi tutti i giorni a scuola alle “Goldoni” 
                                      e tutti i sabati mattina alle adunate in 
                                      divisa di piazza Magenta o al pomeriggio 
                                      allo stadio per i giochi ginnici delle Piccole 
                                      Italiane, dei Balilla o degli Avanguardisti. 
                                      Eppoi presto sarebbe arrivata l’estate 
                                      dove le loro famiglie si sarebbero ritrovate 
                                      allo “Scoglio della Regina” 
                                      con le mamme immerse nell’acqua con 
                                      quei loro gonnelloni e camicioni a chiacchierare 
                                      tra loro e i due ragazzi di nuovo appartati 
                                      sotto il ponte, dietro la spiaggia. Ma prima dell’estate arrivò il 23 maggio 1943 a dipingere di nero come la notte, il loro mondo. Si ritrovarono sparsi ovunque: nelle campagne di Livorno, di Pisa e di Lucca, costretti a sfollare e a dare l’addio alla fanciullezza, alla adolescenza, alla loro gioventù. Non c’era più differenza tra i ragazzi di Borgo, di Venezia e i nobili di via Vittorio Emanuele II. Rimasero solo dei piccoli uomini e delle piccole donne, spaventati, terrorizzati e affamati a scoprire a loro spese quanto spietato fosse il mondo.  | 
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            IL QUINTO MORO 
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