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LIVORNO:
FOSSI E NON CANALI
Architetto Riccardo Ciorli. Archivio di Stato di Livorno. di Riccardo Ciorli I
fossi sono cosa ben diversa dai canali. Vediamo perchè.
Il
28 marzo 1577 con la posa della prima pietra viene dato l’avvio
alla costruzione delle mura volute dai Medici per difendere il loro
porto, quello di Livorno. Se pur ambizioso il grande progetto di
Bernardo Buontalenti viene portato a termine anche se negli anni
subisce diverse modifiche ed aggiustamenti. Per avere un’idea
di quello che viene realizzato basta confrontare le due piante quella
del progetto originario e quella del 1610 che descrive con precisione
militare la conforma- zione del sistema fortificato tralasciando
volutamente la presenza dei fabbricati. E’ visibile in alto
a sinistra l’ingombrante mole della Fortezza Nuova quando
ancora aveva la usa forma originaria poi ridimensionata per far
posto alla costruzione del quartiere della Venezia Nuova. Sono altresì
visibili in basso a sinistra della Fortezza Vecchia la linea segmentata
lasciata dalla presenza delle mura del 400 mentre con un tratto
più lieve sono segnati i “cavalieri” in terra
che delimitano il terrapieno dei tre bastioni. La cosa Che però
è più evidente è la presenza del circuito del
Fosso Reale che, partendo dal forte di Porta Murata circuisce le
fortificazioni fino a ritornare al
mare nei pressi della foce dell’antico canale dei Navicelli, sotto la Fortezza Vecchia. Lo storico Santelli afferma nel suo manoscritto che non è noto l’autore del disegno del Fosso Reale anche se l’attribuzione è molto probabilmente dovuta a uno dei contemporanei del Buontalenti come il Cantagallina o il Cogorano. Il progetto del Fosso Reale Di
quest’ultimo si sa che nel 1601, dopo aver progettato la torre
del Fanale nel 1598, coordina lo scavo dei fossi in collaborazione
con Alessandro Pieroni. Il fosso a differenza del canale non è
un’opera realizzata per ragioni civili come le bonifiche ma
piuttosto è un’opera militare che viene realizzata
come facente parte del sistema difensivo, eredità del sistema
di difesa medioevale, in quanto ritenuto importante mezzo per ostacolare
l’avvicinamento delle truppe nemiche sotto le mura. Quello
di Livorno però si accomuna al canale in quanto nella sua
edificazione si adottano tecniche già usate per la canalizzazione
delle zone stagnanti. Il fosso non viene infatti quasi per niente
scavato ma nasce imbrigliando le acque già presenti e creando
degli argini e dei terra pieni con una forma determinata e calcolata
secondo i precetti della balistica. Per avere un’idea di cosa
sia stato il cantiere necessario alla costruzione del fosso basta
dire che alla metà del 1600 vi lavoravano tra schiavi e contadini,
fatti venire in questa città con le famose livornine, oltre
6.000 persone e per capire di quanto fossero difficili le condizioni
di lavoro basta leggere quanto in quel periodo si scrive al Granduca
proprio in merito ai lavori: “A Livorno nei lavori ai fossi
si muore come mosche…” Nel
1603 Vengono terminate le opere preliminari al Fosso Reale, vengono
demolite le palizzate di contenimento della Fortezza Vecchia e all’Arsenale
Mediceo (Forte di Porta Murata) e in questa maniera l’acqua
del mare penetra nel tracciato appena realizzato, andando a mescolarsi
con quella proveniente dai canali dell’entroterra come il
Riseccali, la Cigna ed il Navicelli. In questa maniera l’acqua
salata si confonde con quella dolce dando vita ad un ambiente naturale
che nella zona di Porta a Pisa è valutabile essere prevalentemente
di acqua dolce mentre nei canali della Venezia Nuova realizzati
dal Santi nel 1629 e nel 1635, l’acqua è spesso salata.
Nell’Ottocento il Fosso Reale viene ridimensionato costruendo
ai suoi fianchi grandi muraglioni che restringono l’originaria
ampiezza, portandola da 30 metri a circa 20 mentre la profondità
passa da 2 metri a 4,30. Tra il 1874 ed il 1880 il Consiglio comunale
per trovare una soluzione al fetore che viene dai corsi d’acqua
ormai trasformati in fogne a cielo aperto, decide una generale ripulitura
dei fondali (di cui solo una parte hanno la foderatura in pietra,
quello prospiciente alla Casina delle ostriche, per garantire una
maggiore pulizia ai mitili si era appunto pensato di rivestire in
pietra). Tra marzo e giugno di quell’anno vengono raccolti
ben 27mila metri cubi di melma e liquami e dall’indagine svolta
si accerta che le fabbriche più inquinanti presenti allora
in città sono due distillerie di acquavite, nove fabbriche
di canditi, una fabbrica di amido e tre birrerie. Con l’avvento
dei piani di risanamento tra le due guerre mondiali s’incomincia
a buttare nei fossi parte delle costruzioni demolite. Ma
quello che più impressiona è l’opera fatta dopo
il 1945: gli apripista alleati gettano nel fosso insieme alle macerie
non solo degli ordigni bellici ma anche quello che restava di un
caccia inglese abbattuto dalla con-traerea che si trovava in Fortezza
Nuova. Il risultato è stato che la profondità del
fosso, nonostante le note operazioni di scavo fatte dalla draga
da cui ha avuto origine la ben nota vicenda delle “Teste di
Modigliani” continua ad essere scarsa, specie in vicinanza
degli approdi. C’è inoltre da tenere presente che non
essendoci quasi più apporti dai canali immissari il corso
d’acqua vive della scarsa comunicazione con il mare aperto.
La sorte del Fosso Reale potrebbe essere quella che sta avendo il
canale dei Navicelli, iniziato a scavare, con singolare idea in
Venezia: rimanere a secco. |
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Edizione
IL QUINTO MORO
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